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Disapplicazione della ritenuta sui dividendi. Direttiva Madre-Figlia UE

L’annosa problematica di ogni anno per le società, in particolare italiane, che prevedono di distribuire i dividendi alle controllate estere, in particolare per quelle residenti in ambito Ue, ma anche in Svizzera, per effetto dell’Accordo con l’UE.

L’Agenzia delle entrate, sia dal 2013 (Provvedimento 84404) ha approvato dei modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana o l’applicazione dell’aliquota ridotta sui redditi corrisposti a soggetti non residenti, in forza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi, della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”) e della direttiva del Consiglio 2003/49/CE del 3 giugno2003 (direttiva “interessi e canoni”).

Tali modelli dovrebbero attestare i requisiti previsti dall’art. 27 bis comma 3 del DPR 600/73 per i dividendi e dall’art. 26 quater comma 6 del DPR 600/73 per gli interessi e le royalties; nulla è invece disposto dalla legge per i benefici che derivano dai Trattati internazionali.

Ove i benefici richiesti derivino dalle direttive europee in materia di dividendi, interessi e royalties, limitati ai rapporti tra società di capitali con requisiti qualificati di possesso delle partecipazioni, vanno utilizzati i modelli E (per i dividendi) o F (per gli interessi o le royalties); in questi casi, la responsabilità del sostituto italiano è ancora più delicata, posto che tali regimi non comportano una riduzione delle aliquote sulle ritenute in uscita, ma un regime di completa esenzione, così come previsto dalle direttive.

I modelli in questione devono essere completi dell’attestazione di residenza, rilasciata dall’Autorità fiscale dello Stato estero, apposta in calce allo stesso modello o surrogata da certificazione di residenza separata, rilasciata dalle rispettive Amministrazioni su una propria modulistica, come frequentemente avviene in quanto l’Autorità fiscale estera non appone tale attestazione sul modello non proprio. Pratica ammessa dalla stessa Agenzia delle entrate come confermato in alcune FAQ di risposta.

All’osservatore attento non sfugge la inserita dichiarazione nel modello E, non prevista dall’art. 27 bis DPR 600/73. Precisamente la dichiarazione che deve essere fatta dal legale rappresentate della società estera detentrice di una partecipazione di almeno il 10% “che detta società è l’effettivo beneficiario dei dividendi percepiti e che la stessa società non detiene la partecipazione al solo scopo di beneficiare del regime in questione“, in aggiunta a quelle necessarie previste dalla normativa.

La giurisprudenza di legittimità ha avuto più modi di esprimere che l’abuso della Direttiva deve essere accertato con elementi ben precisi e pertanto non si comprende come una siffatta dichiarazione possa surrogare ad accertamenti di indizi precisi per applicare la clausola antiabuso, in quei casi di interposizione reale o fittizia (Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 26 febbraio 2019, cause riunite C-116/16 e C-117/16; cause riunite C-115/16, C-118/16, C-119/16 e C-299/16 – Pres. Lenaerts, Rel. Rosas), o nei casi estremamente complessi d’imposizione economica cd a catena.

Consiglio ai miei clienti di utilizzare la certificazione dell’Autorità fiscale estera, che in genere, come ad esempio Lussemburgo, si limita ad attestare la residenza fiscale esattamente nei requisiti richiesti dalla Direttiva Madre-Figlia e richiamati nell’art 27 bis 2 comma DPR 600/73.

Occorre anche precisare che il 3 comma dello stesso articolo prevede che “Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi, i soggetti di cui all’art 23 possono non applicare la ritenuta di cui ai commi 3, 3-bis e 3-ter dell’art. 27. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.”

In questo contesto, una recente sentenza di Cassazione n. 27649/2023 ha affermato che il sostituto italiano ha piena disponibilità nel disapplicare queste previsioni, essendo poste nel suo esclusivo interesse, se ritiene che la controparte è in possesso dei requisiti di legge. Inoltre è conseguentemente valida una certificazione tardiva, che la società italiana può acquisire dopo il pagamento accettando di sottoporsi al rischio delle sanzioni che possono esserle irrogate in qualità di sostituto d’imposta se poi si accerta che questi requisiti non sussistevano.

L’attestazione di residenza o il modello E o F ha validità annuale per l’anno in cui si distribuisce il dividendo o per interessi e royalties. Per questo ogni anno dal mese di aprile si ripropone la problematica di acquisire la necessaria documentazione, consigliabile prima del pagamento del dividendo, pur non essendo una condizione sine qua non.

Interessante è l’argomento che svilupperò successivamente sul regime d’imposta della società madre estera e sulla pretesa, abbandonata dalla Corte Suprema recentemente, della prova dell’effettivo pagamento di imposte da parte della controllata.

 

 

 

Articolo del Dott. Michele Gentile del 17 marzo 2024